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Il Prof. Paolo Zamboni medico-chirurgo, specialista in Chirurgia Generale e Chirurgia Vascolare, Direttore del Centro Malattie Vascolari dell’Università di Ferrara è il medico-ricercatore italiano che, per primo, ha scoperto una patologia che ha chiamato CCSVI (Insufficienza Venosa Cronica Cerebro-Spinale).
L’insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI) è una patologia emodinamica in cui le vene cervicali e toraciche rimuovono poco efficacemente il sangue dal sistema nervoso centrale (SNC). La CCSVI è caratterizzata dalla presenza di restringimenti multipli, o ostruzioni o malformazioni delle principali vie del drenaggio venoso extracraniale, cioè dal cervello verso il cuore.
Nella CCSVI alcune vene dei pazienti, come per esempio la giugulare, appaiono ostruite, o ristrette o malformate e non funzionano come dovrebbero: la conseguenza è che il sangue venoso, carico di sostanze tossiche, proveniente dal cervello non riesce ad abbandonare quest’ultimo.
La ricerca del Prof. Paolo Zamboni circa una possibile correlazione fra Sclerosi Multipla e CCSVI parte dall’analisi della letteratura scientifica.
Egli, a seguito di approfondite ricerche, notò che alcuni scienziati, già in passato, studiando il cervello di pazienti affetti da SM, si erano accorti della presenza di più alti livelli di ferro non riconducibili all’età degli stessi.
Tali depositi di ferro formano nel cervello dei raggruppamenti intorno a quelle vene che, in condizioni normali, dovrebbero drenare il sangue dalla testa verso il cuore.
Nessuno aveva mai pienamente spiegato questo fenomeno, ovvero l’eccesso di ferro era stato considerato un sottoprodotto tossico della SM stessa.
Il Prof. Zamboni incuriosito inizia, tramite l’ausilio di un Doppler ad ultrasuoni, ad esaminare il collo dei pazienti con SM, giungendo di fatto ad una scoperta straordinaria: quasi il 100% dei pazienti presenta un restringimento, torsione o blocco definitivo di quelle vene che dovrebbero servire a drenare il sangue dal cervello (CCSVI).
Egli ha poi controllato queste vene in persone sane, non trovando in esse nessuna di queste malformazioni.
Né ha individuato queste tipologie di blocchi nei pazienti affetti da altre malattie neurologiche.
Il Prof. Paolo Zamboni in diverse interviste afferma:
“Ciò che è sorprendente non è tanto il fatto che il sangue non defluisca al di fuori del cervello, quanto il fatto che si crea un reflusso, una sorta di retromarcia che lo porta a refluire verso l’alto… E’ stato davvero incredibile scoprire che i depositi di ferro nella sclerosi multipla si trovano esattamente in prossimità delle vene. Quindi si tratta di una disfunzione del drenaggio delle vene stesse…Tutto ciò è veramente importante, perché il ferro è pericoloso perché produce radicali liberi, veri killer per le cellule. Questo è il motivo per cui abbiamo bisogno di eliminare l’accumulo di ferro”.
La presenza di depositi di ferro ha spinto a ricercare una correlazione fra CCSVI e la SM.
Lo studio ha incluso varianti progressive di SM, con l’esclusione di forme non standard della malattia come la Sclerosi Concentrica di Balo o la Sindrome di Schilder.
Questo ha portato a un’interessante ipotesi scientifica atta ad affermare che la CCSVI è presente nella maggior parte dei pazienti con SM.
In tutto il mondo recentemente sono nati studi atti ad affermare le teorie di Zamboni.
La più ampia indagine per verificare tale teoria è avvenuta presso il Neuroimaging Analysis Center di Buffalo.
In merito al trattamento della CCSVI in pazienti affetti da SM i dati pubblicati mostrano un miglioramento della circolazione venosa cerebrale ed una riduzione del numero di ricadute e di lesioni attive, nonché un miglioramento della qualità della vita dei pazienti.
In soggetti affetti da malattia progressiva questo andamento si blocca o rallenta.
Secondo quanto pubblicato, questa esperienza protratta nell’osservazione per 2 anni, è da considerare con attenzione come un trattamento efficace contro la SM da aggiungere ai trattamenti esistenti.
Trattamento della CCSVI nella Sclerosi multipla tramite PTA
La terapia della CCSVI non necessita di ricovero, bisturi ed anestesie generali.
Si tratta di un intervento di Angioplastica Dilatativa (PTA): attraverso una puntura endovenosa viene fatto navigare, nelle vene del paziente, un catetere che presenta alla sua estremità un palloncino.
Quando il catetere raggiunge il blocco venoso, attraverso il catetere stesso si fa gonfiare il palloncino, ciò permette di dilatare i restringimenti e «liberare» la vena, permettendo la ripresa del normale flusso sanguigno.
A 2 anni dagli interventi di PTA (studio pubblicato nel Journal of Vascular Surgery del 24 novembre 2009) si nota come nei pazienti si è avuta:
- Una diminuzione del numero delle nuove ricadute
- Una forte riduzione del numero delle nuove lesioni cerebrali da sclerosi multipla
- Un miglioramento della qualità della vita
- Ripristino di una normale vita lavorativa
- Riduzione della stanchezza
Poiché l’intervento chirurgico libera il flusso di sangue, l’equipe ha deciso di denominare la procedura “trattamento di liberazione” o “liberation”.
L’opinione del Prof. Zamboni è quella per cui, quanto prima nei pazienti viene diagnosticata e trattata la CCSVI, tanto maggiori saranno le funzionalità che si manterranno, e tanto minore sarà il danno causato dal flusso anomalo di sangue.
“Perché” – sostiene Zamboni – “la SM è una malattia progressiva che colpisce soprattutto i giovani e se perdiamo tempo, questi ragazzi peggioreranno senza possibilità di tornare indietro!”