Terapia Chelante

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La Terapia Chelante è una terapia che utilizza delle sostanze chimiche (soprattutto EDTA, acido etilendiaminotetraacetico) per “chelare”, e cioè “afferrare”, come con le chele di un granchio, i metalli velenosi e poi portarli fuori dall’organismo.

Nonostante il nome complicato, l’EDTA è una sostanza abbastanza innocua e naturale, simile all’aceto, che non viene comunque assimilata ma viene completamente eliminata dall’organismo, portando fuori con sé le sostanze tossiche chelate.

La terapia chelante è largamente utilizzata negli Stati Uniti, Svizzera e Germania, soprattutto per chelare l’eccesso di Calcio che si accumula sui vasi sanguigni dove forma vere e proprie incrostazioni, al fine, quindi, di prevenire ictus, infarti e malattie arteriosclerotiche.

Si effettua per infusione venosa lenta, da 1 a 3 volte alla settimana e con dosaggi variabili in rapporto alle caratteristiche della malattia e della normalità o meno della funzione del rene, dato che il chelato (edta stesso + il metallo legato all’edta) viene eliminato per il 95-98% attraverso il rene.

Un ciclo comprende da dieci a venti fleboclisi somministrate a giorni alterni o meno frequentemente.

Ciascuna fleboclisi ha una durata media di una-due ore durante le quali si può leggere o guardare la televisione.

Il primo ciclo di terapia può essere seguito successivamente da cicli meno intensivi.

Se eseguita da un medico appositamente formato, la terapia chelante non comporta pericoli.

La terapia chelante se ben eseguita non presenta contro indicazioni specifiche, ma essendo il prodotto eliminato per via renale completamente nelle 24 ore, la sua pratica richiede una efficiente funzionalità renale.

E’ quindi controindicata nei casi di grave insufficienza renale, ed anche di quella epatica, ed in generale in organismi già troppo indeboliti.

Inoltre può provocare, insieme all’eliminazione dei metalli tossici, anche una perdita di minerali in traccia utili e benefici, ed è quindi necessario assumere, durante la terapia chelante, determinati integratori alimentari che di solito vengono introdotti nella stessa flebo di chelazione.

La terapia chelante è anche effettuata in caso di accumulo di ferro, per rimuovere il ferro in eccesso (come per esempio nella CCSVI).

Attualmente la Terapia Chelante è effettuata non solo per prevenire l’aterosclerosi, ma anche in caso di intossicazione da metalli pesanti, in quanto l’EDTA chela non solo il calcio, ma anche molti altri metalli quali l’alluminio, il cadmio, il piombo ecc…, metalli, questi, estremamente tossici per il nostro organismo.

La terapia chelante è anche effettuata in caso di accumulo di ferro, per rimuovere il ferro in eccesso (come per esempio nella CCSVI).

Qualora, tramite un Mineralogramma si evidenzi un accumulo di metalli pesanti, allora il medico può suggerire di sottoporre il paziente a Terapia Chelante.

L’andamento della Terapia Chelante può essere controllato con l’ausilio di un semplice esame di laboratorio (test dei metalli pesanti nelle urine): si fa un prelievo di urine prima della flebo di chelazione e un altro prelievo di urine un’ora dopo aver finito la flebo.

Questo esame di laboratorio ricerca nelle urine metalli pesanti quali Alluminio, Cadmio, Mercurio, Arsenico e Nichel, utilizzando una metodica molto precisa e raffinata quale l’Assorbimento Atomico, grazie alla quale è possibile riscontrare la presenza anche di piccole tracce di metalli, dell’ordine di microgrammo/litro.

Se la chelazione è riuscita bene, si noterà un aumento dei valori dei metalli pesanti presenti nelle urine dopo la flebo di chelazione, in quanto l’EDTA presente nella flebo avrà ripulito il terreno, legando a sé i metalli e portandoli fuori dal corpo con le urine.

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